Il gruppo bresciano Silmar vuole rilevare la fonderia d’alluminio fallita a dicembre
di Pietro Gorlani - Brescia Corriere
La raffineria d’alluminio Metalli Capra è molto vicina ad essere ceduta. L’azienda dichiarata fallita a gennaio — ha debiti superiori a 50 milioni ma un attivo patrimoniale di 30 milioni — è nell’orbita di interesse del gruppo bresciano Silmar, colosso industriale che vanta i marchi Fondital (riscaldamento domestico), Raffmetal (produzione leghe d’alluminio) e Valsir (settore idrotermosanitario) con un miliardo di euro di fatturato.
Gli incontri con il collegio dei curatori fallimentari (Stefano Midolo, Davide Felappi e Leandro Di Prata) si stanno facendo sempre più intensi. E l’acquisizione — si parla di 20 milioni di euro — sarebbe già arrivata se non fosse per l’omonima discarica di Cesio 137, l’avvelenata eredità che la Metalli Capra si porta appresso dal ‘90. Un ostacolo che nei mesi scorsi aveva già fatto desistere dall’acquisto gruppi industriali stranieri: è il caso della bengalese Tribology India Limited e, ancor più, della giordana Jordan Steel Work che era arrivata addirittura alla firma di un accordo preliminare, salvo fare marcia indietro non appena saputo della discarica.
Anche gli industriali valsabbini sono spaventati — e non poco — dai possibili extra costi derivanti dalla gestione futura del sito, contenente 82.500 mila tonnellate di scorie contaminate da Cesio 137. È però vero che per quella discarica esiste già un progetto di messa in sicurezza permanente. Lo aveva chiesto la stessa Metalli Capra alla società Arcadis, ed è stato già approvato da Isin (Ispettorato per la sicurezza nucleare e la radioprotezione).
La discarica è sorta nel 1990 in una ex cava di argilla, minerale altamente impermeabile. Il progetto Arcadis prevede la realizzazione di una «gabbia» di bentonite sopra ed ai lati delle sette vasche contenenti le scorie radioattive. I soldi ci sarebbero: l’intervento verrebbe finanziato in parte dalla curatela fallimentare ed in parte si potrebbe attingere dal fondo ad hoc messo a disposizione dalla Finanziaria 2018 per mettere in sicurezza i 15 siti a bassa radioattività presenti in Italia. Fondo che è ancora «illibato» e la cui ripartizione deve essere decisa dal ministero dell’Ambiente (sul quale sta facendo pressing il prefetto di Brescia). Con il progetto Arcadis però non si andrebbe ad agire sul fondo della discarica, perché ritenuto sicuro dalla stessa Isin.
È questo l’aspetto che scoraggia parecchio gli industriali valsabbini, che intravvedono potenziali (seppure remoti) rischi futuri e quindi possibili extra costi e possibili future critiche ambientaliste. C’è però una terza via, che potrebbe essere analizzata nelle prossime settimane: solo una delle sette vasche contiene il 99% delle scorie radioattive (è la numero tre) e si potrebbe agire sul fondo solo di questa. Ad ogni modo il gruppo Silmar ha proposto di «scindere» la Metalli Capra, creando una bad company nella quale entrerebbe la discarica. Una mossa che porterebbe comunque garanzie occupazionali per gli 82 dipendenti, ancora in cassa integrazione straordinaria.
La tutela occupazionale sarebbe garantita. Ma si aprirebbe uno scenario inquietante per la discarica: andrebbe in capo a quale ente? Non certo al Comune, né alla Provincia, visto che contiene scorie radioattive. Potrebbe essere gestita dal ministero dell’Ambiente? Nessuno al momento sa fornire una risposta. Se la Metalli Capra avesse predisposto a tempo debito la messa in sicurezza, questo problema non sussisterebbe.
Le precisazioni dell’azienda: interessati alla logistica, dipendenti tutelati
Fondital precisa di aver espresso ai curatori fallimentari di Raffineria Metalli Capra un interesse, in via preliminare e non vincolante, all’acquisto esclusivamente dei due immobili di Castel Mella e Montirone. «Ribadiamo che non siamo interessati all’attività aziendale di fusione e produzione di pani in alluminio e a ogni altra attività della Raffineria Metalli Capra, ai suoi impianti e alle sue autorizzazioni, perché l’interesse e il progetto di Fondital spa riguarda lo svolgimento di un’attività di logistica al servizio della sua realtà produttiva». Si legge in una nota. «Confermiamo che nel progetto dell’attività di logistica verrebbero assunti tutti i dipendenti ora in carico alla Raffineria Metalli Capra, in sintonia con l’attenzione al territorio e alla sensibilità sociale che caratterizzano da sempre il nostro gruppo». Solo quando la questione della discarica sarà risolta in via definitiva e ufficiale a livello istituzionale e Fondital spa riterrà di avere la garanzia di esclusione da qualsivoglia impegno, obbligo, onere o responsabilità di qualsiasi tipo, potremo rivalutare se ci saranno le condizioni per poter realizzare il nostro progetto, in modo chiaro e trasparente nei confronti di tutti gli stakeholder.
6 settembre 2019 | 10:47
© RIPRODUZIONE RISERVATA
di Pietro Gorlani - Brescia Corriere
La raffineria d’alluminio Metalli Capra è molto vicina ad essere ceduta. L’azienda dichiarata fallita a gennaio — ha debiti superiori a 50 milioni ma un attivo patrimoniale di 30 milioni — è nell’orbita di interesse del gruppo bresciano Silmar, colosso industriale che vanta i marchi Fondital (riscaldamento domestico), Raffmetal (produzione leghe d’alluminio) e Valsir (settore idrotermosanitario) con un miliardo di euro di fatturato.
Gli incontri con il collegio dei curatori fallimentari (Stefano Midolo, Davide Felappi e Leandro Di Prata) si stanno facendo sempre più intensi. E l’acquisizione — si parla di 20 milioni di euro — sarebbe già arrivata se non fosse per l’omonima discarica di Cesio 137, l’avvelenata eredità che la Metalli Capra si porta appresso dal ‘90. Un ostacolo che nei mesi scorsi aveva già fatto desistere dall’acquisto gruppi industriali stranieri: è il caso della bengalese Tribology India Limited e, ancor più, della giordana Jordan Steel Work che era arrivata addirittura alla firma di un accordo preliminare, salvo fare marcia indietro non appena saputo della discarica.
Anche gli industriali valsabbini sono spaventati — e non poco — dai possibili extra costi derivanti dalla gestione futura del sito, contenente 82.500 mila tonnellate di scorie contaminate da Cesio 137. È però vero che per quella discarica esiste già un progetto di messa in sicurezza permanente. Lo aveva chiesto la stessa Metalli Capra alla società Arcadis, ed è stato già approvato da Isin (Ispettorato per la sicurezza nucleare e la radioprotezione).
La discarica è sorta nel 1990 in una ex cava di argilla, minerale altamente impermeabile. Il progetto Arcadis prevede la realizzazione di una «gabbia» di bentonite sopra ed ai lati delle sette vasche contenenti le scorie radioattive. I soldi ci sarebbero: l’intervento verrebbe finanziato in parte dalla curatela fallimentare ed in parte si potrebbe attingere dal fondo ad hoc messo a disposizione dalla Finanziaria 2018 per mettere in sicurezza i 15 siti a bassa radioattività presenti in Italia. Fondo che è ancora «illibato» e la cui ripartizione deve essere decisa dal ministero dell’Ambiente (sul quale sta facendo pressing il prefetto di Brescia). Con il progetto Arcadis però non si andrebbe ad agire sul fondo della discarica, perché ritenuto sicuro dalla stessa Isin.
È questo l’aspetto che scoraggia parecchio gli industriali valsabbini, che intravvedono potenziali (seppure remoti) rischi futuri e quindi possibili extra costi e possibili future critiche ambientaliste. C’è però una terza via, che potrebbe essere analizzata nelle prossime settimane: solo una delle sette vasche contiene il 99% delle scorie radioattive (è la numero tre) e si potrebbe agire sul fondo solo di questa. Ad ogni modo il gruppo Silmar ha proposto di «scindere» la Metalli Capra, creando una bad company nella quale entrerebbe la discarica. Una mossa che porterebbe comunque garanzie occupazionali per gli 82 dipendenti, ancora in cassa integrazione straordinaria.
La tutela occupazionale sarebbe garantita. Ma si aprirebbe uno scenario inquietante per la discarica: andrebbe in capo a quale ente? Non certo al Comune, né alla Provincia, visto che contiene scorie radioattive. Potrebbe essere gestita dal ministero dell’Ambiente? Nessuno al momento sa fornire una risposta. Se la Metalli Capra avesse predisposto a tempo debito la messa in sicurezza, questo problema non sussisterebbe.
Le precisazioni dell’azienda: interessati alla logistica, dipendenti tutelati
Fondital precisa di aver espresso ai curatori fallimentari di Raffineria Metalli Capra un interesse, in via preliminare e non vincolante, all’acquisto esclusivamente dei due immobili di Castel Mella e Montirone. «Ribadiamo che non siamo interessati all’attività aziendale di fusione e produzione di pani in alluminio e a ogni altra attività della Raffineria Metalli Capra, ai suoi impianti e alle sue autorizzazioni, perché l’interesse e il progetto di Fondital spa riguarda lo svolgimento di un’attività di logistica al servizio della sua realtà produttiva». Si legge in una nota. «Confermiamo che nel progetto dell’attività di logistica verrebbero assunti tutti i dipendenti ora in carico alla Raffineria Metalli Capra, in sintonia con l’attenzione al territorio e alla sensibilità sociale che caratterizzano da sempre il nostro gruppo». Solo quando la questione della discarica sarà risolta in via definitiva e ufficiale a livello istituzionale e Fondital spa riterrà di avere la garanzia di esclusione da qualsivoglia impegno, obbligo, onere o responsabilità di qualsiasi tipo, potremo rivalutare se ci saranno le condizioni per poter realizzare il nostro progetto, in modo chiaro e trasparente nei confronti di tutti gli stakeholder.
6 settembre 2019 | 10:47
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