Corriere della Sera (Brescia)17 Sep 2020
Pietro Gorlani
Nel novembre scorso il ministero dell’Ambiente ha assegnato al Bresciano oltre 5 milioni di euro per mettere in sicurezza sei siti radioattivi. Soldi ancora fermi a Roma: non si sa come farli arrivare al territorio. Oggi la proposta del prefetto Visconti alla conferenza dei servizi: assegnarli alla Protezione Civile nazionale che li metterà a disposizione dei comuni.
Un piano per sbloccare i fondi governativi (5,12 milioni) per la messa in sicurezza di sei siti bresciani contenenti scorie radioattive. Lo proporrà oggi il prefetto Attilio Visconti alla conferenza dei servizi convocata al ministero dell’Ambiente. Prefetto che, da quando il 16 aprile 2019 il Corriere ha fatto luce sul caso dei contributi previsti dalla Finanziaria 2017 e mai assegnati, ha fatto pressing su Roma affinché la situazione si risolvesse. Fino all’assegnazione di una parte delle risorse nel novembre 2019. Risorse ancora ferme al ministero.
«Proporrò che vengano assegnate al dipartimento della Protezione Civile facente capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri che potrà metterli a disposizione dei Comuni, un po’ come si è fatto in occasione del terremoto del 2004 sul Garda» spiega il prefetto Attilio Visconti, affiancato dal viceprefetto Stefano Simeone. Una proposta che dovrebbe superare gli scogli burocratici emersi negli ultimi mesi. Era infatti emerso che — trattandosi di fondi governativi — non potessero essere affidati brevi manu ai Comuni. Né tantomeno alla Regione. Ed alla Prefettura? «Non abbiamo una struttura contabile in grado di gestire flussi di cassa, avremmo dovuto chiedere un’autorizzazione al ministero dell’Economia, con i tempi che ne conseguono» chiarisce Visconti. Una volta arrivati i soldi potranno essere utilizzati per la progettazione della messa in sicurezza dei siti.
Al sito considerato più critico, l’ex cava Picinelli in città, è stato assegnato un milione (ma va stabilita una modalità d’intervento per la sua copertura). Due milioni sono andati ai curatori fallimentari della Metalli Capra rimuovere le polveri radiocontaminate contenute nei fusti dormienti nei capannoni di Castelmella e Montirone. Si potrebbe decidere di convogliare parte di quei soldi sulla discarica di Capriano, che non ha ricevuto un euro di contributi. Qui un progetto c’è, approvato anche dall’ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare (Isin): si prevede di coprire con cemento le pareti e la superficie della discarica (il fondo è in argilla, impermeabile) ma servono 5,5 milioni da recuperare dalla vendita della fonderia fallita.
Un altro milione andrà all’Alfa Acciai di Brescia, un milione anche alla Iro di Odolo e poco più di 120 mila euro alla Metal Service di Mazzano.
Dovrebbero poi arrivare altri fondi. La Finanziaria 2017 prevedeva 5 milioni l’anno per tre anni. Nel Bresciano ci sono 9 dei 16 siti italiani a bassa radioattività. Si tratta di scorie della fusione di rottami contaminati, provenienti per lo più dall’Est Europa. Scorie migliaia di volte meno pericolose di quelle contenute nelle ex centrali nucleari: dovrebbero essere stoccate in un sito nazionale che ancora manca. E allora le si mette in sicurezza sul posto. Come hanno fatto la ex Rivadossi a Lumezzane e le Acciaierie Venete di Sarezzo, creando dei bunker in cemento armato. Gli altri siti attendono una soluzione definitiva da anni.
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